mercoledì 13 agosto 2014

Quanto vale l’acciaio italiano? Un euro e due marò


Roma, 13 ago – Non solo l’Ilva. L’intero settore siderurgico italiano, da Terni a Trieste e passando per tutte le realtà più o meno grandi disseminate sul territorio, soffre una crisi industriale senza precedenti. Sono lontani i tempi di Oscar Sinigaglia e della Ceca, il primo abbozzo di quella che oggi è l’Unione Europea, quando l’Italia poteva vantare un importante primato.
Accanto allo storico stabilimento di Taranto, in difficoltà da anni sono anche le acciaierie di Piombino. Prima il passaggio dall’Iri alla Lucchini, poi da quest’ultima ai russi di Severstal. Fino all’epilogo: la chiusura, nel mese di aprile, dell’altoforno. Considerando la fermata della ferriera di Servola, a Trieste, l’unico in funzione risulta così essere, in Italia, quello tarantino. Ammesso che resti attivo, dato che al momento il siderurgico commissariato si trova in crisi di liquidità, tanto da essere stata costretta a prorogare la corresponsione dei premi di produzione ai dipendenti, nonché risultare in cronico ritardo nel pagamento dei fornitori.
La situazione di Piombino è ancora più drammatica. Lo spettro del licenziamento si fa ogni giorno più concreto per le migliaia di dipendenti che afferiscono all’impianto e all’indotto. Negli ultimi giorni è sembrato però aprirsi uno spiraglio. Il magnate indiano Sajjan Jindal, patron della Jsw steel, sarebbe infatti interessato allo stabilimento. Pendenze del passato incluse, dal risanamento ambientale agli investimenti per complessivi 172 milioni di euro da qui al 2016.
Stando a quanto riportato dal Financial Times, il gruppo indiano verserebbe una somma simbolica (alcune fonti parlano di un euro) per aggiudicarsi l’acciaieria toscana. Il sito diventerebbe così la testa di ponte per la lavorazione dell’acciaio indiano e per il suo ingresso in Italia e in Europa. Allo stesso tempo è sotto gli occhi di un altro gruppo di origine indiana, Arcelor Mittal, anche lo stabilimento dell’alto grande malato della siderurgia, proprio l’Ilva che sembra godere di corsie preferenziali in sedi giudiziarie e di decreti legge ma non quando si tratta di piani industriali di ampio respiro. Sorte che peraltro condivide con Piombino, Trieste e tutto il comparto.
Curiosamente, non più tardi di lunedì è intercorso un colloquio telefonico il premier Matteo Renzi ed il suo omologo indiano Narendra Modi. E’ plausibile che oltre alla questione dei marò si sia probabilmente parlato, anche e soprattutto, di questi progetti d’investimento. Due militari, un processo farsa e qualche spicciolo per la siderurgia nazionale.

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